dal Resto del Carlino del 10/10/1984

La boccia megagalattica
Uno sport moderno dove girano tanti soldi
Impianti per trenta miliardi e 120.000 iscritti alla UBI-Raffa

Ah, le bocce, l'aroma antico delle sfide da osteria, i litigi sotto i platani con un bicchiere di rosso in mano, i vecchi campi sconnessi con travi tarlate a delimitarli... Con queste poetiche suggestioni nella zucca, siamo andati a far visita al bocciodromo della Festa, accorgendoci una volta di più di quanto la realtà viaggi più veloce dei pregiudizi, anche dl quelli belli e romantici. Di antico, attorno ai due campi illuminati, abbiamo trovato soltanto la voglia di scherzare e di divertirsi, e certe facce da piazza, scolpite da interminabili chiacchiere e da una vecchia ironica saggezza. Per il resto, l'idea che ci siamo fatti, noi profani, delle bocce, è qualcosa di molto vicino a uno sport moderno anche nella sua cultura, sempre più vicina a sponsor, investimenti e una raffinata tecnologia degli impianti, altro che trattorie e scommesse da paese.
In Emilia-Romagna, soprattutto nelle zone di Reggio, Modena e Bologna, ci sono impianti per circa trenta miliardi; costruire un bocciodromo con tutti I crismi, pista e sovrastrutture, oggi può costare quasi un miliardo; a Milano c'è una ditta di combustibili che investe nella sua squadra di bocce qualcosa come trecento milioni all'anno. Insomma, i più bravi e ambiziosi tra i centoventimila iscritti all'UBI-Raffa (si chiama così, e vuoi dire Unione Bocce Italiane sezione Raffa, Federazione regolarmente riconosciuta dal CONI) possono sperare, bocciando e ribocciando, di mettere in tasca qualcosa di più che pochi spiccioli, soprattutto se il boom di questo sport continuerà a riempire, per le gare Importanti, i Palasport, com'è successo di recente a Cantù.
C'è anche l'UBI-Volo (che si gioca con bocce di metallo e anche in campo aperto, insomma come la petanque francese e occitana), ma a Modena siamo riusciti a raccogliere poche notizie in proposito perché, a quanto abbiamo capito, la rivalità tra cugini è feroce, e a domanda sul Volo tutti i raffisti rispondono "ma lascia stare, parliamo di noi, il Volo non c'entra niente, le bocce vere sono le nostre".
E in effetti la specialità più tecnica, con regolari campionati europei e mondiali, e in odore di Olimpiadi (nell'88 le bocce dovrebbero rotolare fino a Seul, come sport dimostrativo), è proprio la raffa, che si gioca su campi di ventotto metri per quattro, in cemento, terra battuta e sabbia (costo due milioni a pista) oppure su campi artificiali (otto milioni a pista) in poliuretano, una specie di tartan appena più duro. Come nel tennis, il gioco si sta adeguando al passaggio dal terreno "naturale", più lento e irregolare, a quello artificiale, più veloce e liscio. Anche le bocce, fino ad oggi di misura variabile tra i dieci e i dodici centimetri di diametro e gli 800-1200 grammi di peso, stanno rapidamente arrivando a misure standard riconosciute in tutto il mondo, centosette millimetri di diametro e 920 grammi di peso.
Il primato dell'Italia, vera patria di elezione delle bocce (nate, pare, in Grecia), è confermato dal completo monopolio nella fabbricazione dell'attrezzo: le uniche cinque ditte al mondo che producono bocce da raffa sono in Italia, tre a Ferrara e due a Torino. C'è una specie di "ricetta segreta", a base di polvere di marmo, segatura, materiale sintetico e copertura plastica, che giustifica il costo piuttosto elevato di queste palle colorate, oltre diecimila lire al pezzo. Ogni giocatore, come un tennista con la sua racchetta, possiede un robusto stock di bocce personali, e tutti gli anni le fa rettificare e lucidare.
Le zone più forti, in Italia, sono l'Emilia, la Lombardia, Roma e le Marche; qui in Emilia, Modena vanta il primato degli impianti (48 in tutto) e risultati sportivi di gran prestigio soprattutto in campo internazionale: in campo nazionale la concorrenza è molto più dura, e pare proprio che vincere un titolo tricolore sia molto più difficile che arrivare a quello iridato.
Ci sarebbero da aggiungere un miliardo di cose, sulle bocce si potrebbe scrivere un romanzo. Ci limitiamo a concludere con un piccolo auspicio nostalgico: che sponsor, impianti megagalattici e fortune olimpiche non sottraggano del tutto questo sport al suo fascino raccolto e intimo, da sfida tra amici che si ritrovano ogni sabato e domenica attorno al pallino. Virtuosi da pergolato, non abbandonate le bocce a un futuro troppo freddo e tecnologico.

Michele Serra

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